NASCITA DELLA PRO ISOLA
L’associazione Pro Isola è stata costituita nell’anno 1961.
L’atto costitutivo è stato sottoscritto presso la Trattoria Stella Risorta in Piazza Marconi a Isola Vicentina. In quella circostanza è stato nominato Presidente il maestro Stefano Pietribiasi, segretario il maestro Silvano De Gregori.
CARLO ZANETTIN
La prima assemblea dei soci è avvenuta nella sede municipale, in una sala consigliare gremita di amici, che all’unanimità, per acclamazione, ha nominato il primo effettivo Presidente nella persona del dott. Carlo Zanettin, farmacista del paese. Persona molto capace, entusiasta del nuovo incarico, un vulcano di nuove idee e molto apprezzato da tutta la popolazione del paese. Uno dei primi “turisti” del paese. Nei suoi viaggi per l’Italia aveva visto che in varie parti si cominciavano ad organizzare feste e sagre gastronomiche che valorizzavano le tradizioni folkloristiche dei luoghi. Nel 1961 da noi queste cose erano ancora sconosciute ma si doveva cominciare a far qualcosa per svegliare il paese dopo i duri anni del dopoguerra in cui Isola era stata anche inserita fra le “zone depresse”.
ORIGINE DELLA FESTA DELLO SPIEDO
Proprio da questa sua intuizione di dare valore e far conoscere Isola si decise di realizzare una festa gastronomica che fondasse le sue radici nella tradizione paesana. Dopo varie discussioni i Padri Fondatori decisero che il piatto che univa tutti gli abitanti di Isola era “polenta e osei”. In ogni famiglia c’era un cacciatore. In ogni famiglia c’era una machineta girarrosto e gli spei su cui infilzare osei, mas-cio, lardiele e salvia. In ogni famiglia c’era il caliero per fare la polenta e la leccarda per farla arrostire col poceto dei osei.
Il nome fu scelto forse con inconsapevole preveggenza. Non la chiamarono “festa della polenta e osei” come sarebbe stato troppo facile e logico. La chiamarono FESTA DELLO SPIEDO. Diedero così un respiro più ampio alle possibilità di “materia prima da cucinare” che negli anni si rivelarono essenziali per la sopravvivenza della festa stessa. Quando qualche anno dopo le nuove sensibilità ecologiche e le normative a riguardo di caccia e salvaguardia della natura, vietarono la cottura in piazza degli uccellini, si poté continuare perché l’attore principale della festa non era cosa veniva cotto ma il “sistema di cottura”. Lo SPIEDO appunto.
La data venne fissata alla terza domenica di Ottobre. Fissa e immutabile nel tempo. Fiorirono leggende in paese su consultazioni di almanacchi meteorognostici, oroscopi e fattucchiere per giustificare la scelta di questo giorno. Fatto sta che in tanti anni solo per 2 volte la festa è stata funestata dal maltempo per tutta la giornata!
ORGANIZZAZIONE DELLA PRIMA FESTA
La complessità di mettere in piedi un avvenimento così importante per Isola fu subito chiara a tutti. Ma l’entusiasmo e la carica emotiva che Carlo Zanettin seppe trasmettere e la volontà di tutti furono tali che si riuscì a superare ogni difficoltà e ad organizzare l’evento (allora non si chiamavano ancora così…) con apparente facilità.
Si pensò giustamente di coinvolgere tutto il paese.
Il gruppo dirigente della Pro Isola fu suddiviso in “settori di competenza”.
LE STRUTTURE
Alcuni si occuparono dell’allestimento della Piazza principale del paese. Si dovevano costruire i focolari su cui fare il fuoco e appoggiare macchinette, spiedi e leccarde per la cottura; si dovevano fare 2 “casette” (più tardi si sarebbero chiamati “stands”) dove sfilare gli spiedi; si doveva infine costruire una grande e lunga tavolata per poter distribuire le porzioni e dar la possibilità al pubblico di gustarsele.
Furono coinvolti alcuni fra i più begli ingegni dell’artigianato locale per progettare e realizzare l’opera. Giovanni Fabbro (Nenin Favaro) mise a disposizione la sua officina e con l’aiuto di molti amici competenti in materia e molte sere, notti, sabati e domeniche realizzò tutte le solide opere in ferro che furono poi utilizzate per molti e molti anni. Furono fatti 10 focolari piccoli lunghi un metro e mezzo,un focolare “gigante” da cinque metri. I 2 chioschi e la tavolata lunga 60 metri. Si costruirono gli spiedi in acciaio e le leccarde. Tutto il materiale costò all’epoca la cifra di 30.000 lire. La manodopera fu naturalmente gratuita!
Si dovettero poi procurare i girarrosti per i 10 spiedi. La cosa fu facile perché molti paesani offrirono in prestito la machineta di casa. Ma per lo spiedo”gigante” lungo 5 metri e che doveva cucinare 1500 uccelli era necessario qualcosa di veramente speciale. Si incaricò Aldo De Franceschi di risolvere il delicato problema. Con un motore di troncatrice regalato da una ditta locale e alcune pulegge di sua invenzione, il geniale meccanico costruì un girarrosto elettrico adatto alla bisogna.
Ad un altro gruppo di soci della Pro fu dato l’incarico di procurare la materia prima da cucinare: polenta, uccelli, maiale, lardo, salvia.
LA POLENTA
Per la fare polenta Erminio Fanin, mugnaio del paese, macinò circa 2 quintali di mais “maranello”, il più adatto per fare la polenta onta e lo ha confezionò in sacchetti da 1 kg. Giovanin Ceola con il suo motocarro, fece il giro del paese a consegnare la farina a tutte quelle famiglie che si erano rese disponibili a preparare chi una, chi due polente. Il sabato precedente le centinaia di polente furono ritirate da Giovanin, con altri volontari, e portate al vecchio teatro dietro il Municipio dove era allestita la sala di preparazione. Qui furono tagliate a fette e poste nelle bacinelle prestate dalla Latteria locale.
GLI UCCELLI E LA CARNE
Gli uccelli (circa 3000 fra finchi, montani, seleghe) provenivano, sembra, dalla Cina (…già allora!). Il lavoro più complicato fu quello di spennarli. Ma l’ingegno della Pro Isola anche per questo trovò la soluzione. Fu chiesto aiuto agli ospiti della Casa di Riposo “Gaspari Bressan” che con infinta pazienza e maestria spennarono i volatili e li prepararono a dovere. Le macellerie locali poi fornirono il mas-cio e il lardo per fare le lardiele.
SALVIA
Un elemento essenziale per la cottura dello spiedo è la salvia. Ne serviva un’enorme quantità. I Nostri pensarono allora di coinvolgere anche i più piccoli cittadini del paese e si rivolsero alle Scuole Elementari. Il Direttore inviò una circolare a tutte le classi avvisando gli alunni di portare un rametto di salvia ciascuno. Nei giorni successivi i grandi cesti posti all’entrata della scuola si riempirono all’inverosimile di ramoscelli profumati. C’era salvia per 2 feste dello spiedo!
INFILAGGIO
L’operazione d’infilaggio sulle speete degli uccelli intervallati da lardiele con la salvia e maiale (lardiela, oseo, lardiela, mas-cio, lardiela, oseo….) è un’operazione delicatissima che, se fatta male, può anche compromettere il risultato finale della cottura. A sovraintendere all’infilaggio quindi furono chiamati i più esperti fra i cuochi del paese. La sera del venerdì antecedente la festa un numeroso gruppo di cuochi, aiuto-cuochi, lardiellisti e aiutanti vari si riunì nella sala del teatro dietro il municipio (ora sala polivalente) e si diede inizio all’operazione che si protrasse fino a notte fonda, naturalmente accompagnata da numerose ciacole e da qualche bel goto de vin bon. Una volta ultimato il lavoro gli spiedi furono portati nei capienti frigoriferi della Casa di Riposo e della Latteria.
IL VINO
Per completare i preparativi mancava ancora una cosa essenziale: il vino.
L’incarico di approvvigionare il prezioso nettare fu affidato a Gino Vivian, oste e fine intenditore nel rintracciare la qualità più adatta per far fare bella figura a tutta l’organizzazione. Merlot e Cabernet furono i vini scelti per l’occasione.
IL GIORNO DELLA FESTA
Era ancora buio quella domenica 14 Ottobre 1962, quando la piazza di Isola, appena rischiarata dalle fioche lampade della illuminazione pubblica, cominciò ad animarsi e popolarsi. Al centro della piazza e per tutta la sua lunghezza era sistemata una tavolata. Dietro c’erano i 10 spiedi piccoli e al centro, davanti al monumento, lo spiedo gigante. Alle due estremità due chioschi delimitavano e chiudevano la scena. I primi personaggi ad arrivare furono i “fuochisti”. Con l’aiuto di fascine e piccole stelete cominciarono ad accendere i fuochi. Una volta che tutti i focolari furono accesi e ben fiammeggianti cominciarono a montare gli spiedi con gli uccellini e tutto il resto. A sovraintendere a tutte queste operazioni c’erano i cuochi. Uno per ogni focolare e 5 per lo spiedo gigante. Il capo cuoco era Mansueto Gasparella el tabachin che con la sua alta figura filiforme e quasi ieratica impartiva gli ordini secchi e precisi: meti su do stele, tira vanti el fogo, tiralo indrio, daghe sale, tento ch’el xe drio brusarse… Tutti facevano con attenzione il loro lavoro. Chi metteva legna, chi caricava la molla della machineta, chi con un cucchiaio passava un po’ dell’olio caduto dalla leccarda allo spiedo.
Sidonia Smiderle, Luigi Collareda, Pietro Ceola, Antonio Sassaro, Augusto Zanella, Giovanni Bertoldo, Gino Bertoldo, Beni Sterchele, Vittorio Mantiero, la mamma di Ettorino Caldognetto, Ruggero Ceola, la moglie di Bortolo Casara con la sorella, Giovanni Bonamigo.
Questi sono solo alcuni dei nomi di chi cominciò a cuocere lo spiedo in piazza ad Isola in quella mattina del lontano Ottobre del ’62.
Altri nomi si sono persi ma restano in qualche cassetto della memoria del paese.
E intanto il sole era spuntato da dietro la casa del casselaro e ora illuminava la piazza. Erano già passati i cacciatori prima dell’alba, erano passate le donnette che andavano a messa prima, i bambini per quella del fanciulo. Tutti avevano trattenuto il fiato ammirando il grandioso spettacolo che offriva la piazza. Pareva quasi de essare in television. Arrivarono i siori per la messa ultima. I complimenti agli organizzatori si sprecavano.
Una sola nota stonata fece tremare i polsi a Carlo Zanettin. Lo spiedo gigante era proprio davanti al monumento. Guardando dalla tavolata il colpo d’occhio era sensazionale. Cinque metri di uccelli, maiale, lardo che giravano lentamente davanti alle fiamme allegre. Ma proprio dietro, sul Monumento, una scritta sibillina: ISOLA VICENTINA AI SUOI CADUTI. Un fotografo di passaggio immortalò la scena e inviò la foto alla Domenica del Corriere. Vinse 5.000 lire.
Nonostante questa piccola pecca tutto procedeva con ordine e allegria. Gli spiedi giravano, i cuochi si affannavano, la polenta sfritegava nell’olio, i portatori di vino continuavano i loro giro di servizio, la gente si accalcava sempre di più sulla lunga tavolata e aspettando la perfetta cottura delle porzioni si gustava un goto de vin.
Gli uomini e le donne della Pro Isola erano raggianti per i tanti compimenti che ricevevano e che li ripagavano delle fatiche che avevano e stavano ancora sopportando. Fatiche impagabili e non pagate. Roba che se qualcuno glielo avesse comandato di fare dietro compenso gli avrebbero risposto: te si mato!
Molte donne e molti uomini sono passati in piazza la terza domenica di Ottobre da quella lontana del 1962. Molti presidenti, molti Consiglieri, tanti cuochi, tantissimi aiutanti. Tanti di loro non possono più venire alla terza di ottobre in piazza a vedere cosa fanno i loro figli e nipoti. Altre donne, altri uomini dopo 50 anni stanno ancora oggi facendo le stesse cose. Stanno compiendo gli stessi gesti antichi imparati dai loro padri, dai nonni e via, via fino ai bis-biscuchi. Gesti che tramandano una tradizione, magari modificata dalle esigenze dei tempi cambiati, ma sempre scolpita nella mente e nel cuore degli Isolani. La FESTA DELLO SPIEDO. La festa di Isola.
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