Siamo in procinto di ottenere la Denominazione Comunale dello Spiedo della Festa dello Spiedo…
Presentiamo un riassunto di cosa vuole essere per noi della Pro questo riconoscimento
Perche De.Co.?
Quando con l’Amministrazione Comunale si è valutato di inserire il piatto principale de “la Festa dello Spiedo” all’interno della Denominazione Comunale eravamo un po’ titubanti. Infatti proporre come piatto tipico uno spiedo con la faraona ed il maiale, in un paese dove la tradizione è strettamente legata agli arrosti di uccellini provenienti dall’attività venatoria non ci sembrava una grande idea.
Avevamo paura di fare un po’ la figura dei presuntuosi, e di proporre un piatto non all’altezza della De.Co.
Rileggendo però la storia della Pro Isola, che è indissolubilmente legata alla Festa dello Spiedo, ci siamo resi conto come la tradizione della Festa non sia strettamente legata al piatto in sé, ma alla preparazione dello stesso, all’amore per la cottura sul braciere di legna, al rumore della polenta che “sfitéga” nell’olio, alla bellezza di fare qualcosa di così bello in compagnia.
Così ci è sembrato opportuno accompagnare la richiesta della Denominazione Comunale da un po’ di materiale che spieghi e testimoni come lo spiedo si è evoluto nel tempo e che figura abbia assunto all’interno della comunità di Isola Vicentina.
In questo modo vorremmo far comprendere che “l’etichetta” DeCo è si collegata allo spiedo, ma esso è collegato alla storia della Pro Isola che, a sua volta, si lega alla tradizione Isolana.
Quindi ci piace pensare che il marchio DeCo sia assegnato alla “Festa dello Spiedo” nella sua accezione generale di “Sagra Paesana” fatta da persone per le persone, con lo scopo di sostene una tradizione e di divertirsi assieme.
Il consiglio della Pro Isola
Lo SPIEDO
La “grande cusine” considera lo spiedo l’arrostimento perfetto.
Un fuoco acceso ed uno stecco proteso sulla fiamma con qualcosa di infilato ad una estremità e l’altra impugnata da una mano che lo rivoltava pazientemente.
L’abitudine a cuocere i cibi risale a 500.000 anni fa: saranno stati pezzi di carne, o radici commestibili.
E’ forse questa la prima immagine dell”uomo di Neandertal che cuoce degli alimenti sopra o sotto le braci, usando all’inizio delle liscie pietre arroventate.
Successivamente, gli spiedi divennero marchingegni che occupavano a volte non solo focolari, ma l’intero soffitto della cucina (come testimonia il focolare di Villa Guardini) riempiendo l’ambiente di cigolii e scricchiolii, di rumore di pulegge e di catene, di suoni di campanelli, il tutto manovrato da contrappesi e congegni a molle accanto allo spiedo, una persona paziente, sensibile, una sorta di custode del fuoco e di moderatore dello stesso. Lo spiedo non ha tempo: è sempre tempo di spiedo.
Isola Vicentina si identifica con la storia dello spiedo. Spiedo preparato in moltissime famiglie e successivamente portato in piazza a testimoniare un valore sociale che gli isolani hanno assegnato e assegnano a questo rito-rituale.
La Festa dello Spiedo da oltre mezzo secolo si colloca nel tempo al primo posto nel vicentino per questa “arte” da condividere sia nella fase della cottura che in quella successiva della degustazione, coinvolgendo gli isolani e le migliaia di visitatori.
La vitalità di questa festa trova il suo segreto nel fatto che essa ha consentito di non smarrire, e anzi di mantenere e rafforzare la propria identità, nel momento stesso in cui le trasformazioni socio-economiche-culturali sembrano apparire senza ritorno.
La denominazione De.Co. dovrebbe quindi certificare non solo la primigenia, peraltro già riconosciuta da varie istituzioni provinciali, ma l’assoluto valore antropologico di questa arte dell’arrostimento perfetto.
Il rito dello spiedo, come del resto l’idea di una festa condivisa da un’intera comunità appartiene alle società agricole tradizionali da cui il paese Isola Vicentina trae le sue lontane origini .
Nel celebrare la Festa dello Spiedo gli isolani, ma anche i “foresti”, rinsaldano i legami della comunità cui appartengono oltre ai vincoli di alleanza che li stringono alla natura.
Amedo Sandri, PierGiorgio Casara
ORIGINE DELLA FESTA DELLO SPIEDO
L’Associazione Pro Isola sorta nel 1961 ebbe come primo presidente eletto dall’Assemblea dei soci il dott. Carlo Zanettin, farmacista del paese.
Persona molto capace, entusiasta del nuovo incarico, un vulcano di nuove idee e molto apprezzato da tutta la popolazione del paese.
Uno dei primi “turisti” del paese. Nei suoi viaggi per l’Italia aveva visto che in varie parti si cominciavano ad organizzare feste e sagre gastronomiche che valorizzavano le tradizioni folkloristiche dei luoghi.
Nel 1961 da noi queste cose erano ancora sconosciute ma si doveva cominciare a far qualcosa per svegliare il paese dopo i duri anni del dopoguerra in cui Isola era stata anche inserita fra le “zone depresse”.
Proprio da questa sua intuizione di dare valore e far conoscere Isola si decise di realizzare una festa gastronomica che fondasse le sue radici nella tradizione paesana.
Dopo varie discussioni i Padri Fondatori decisero che il piatto che univa tutti gli abitanti di Isola era “polenta e osei”. In ogni famiglia c’era un cacciatore.
In ogni famiglia c’era una machineta girarrosto e gli spei su cui infilzare osei, mas-cio, lardiele e salvia. In ogni famiglia c’era il caliero per fare la polenta e la leccarda per farla arrostire col poceto dei osei.
Il nome fu scelto forse con inconsapevole preveggenza.
Non la chiamarono “festa della polenta e osei” come sarebbe stato troppo facile e logico. La chiamarono FESTA DELLO SPIEDO.
Diedero così un respiro più ampio alle possibilità di “materia prima da cucinare” che negli anni si rivelarono essenziali per la sopravvivenza della festa stessa.
Quando qualche anno dopo le nuove sensibilità ecologiche e le normative a riguardo di caccia e salvaguardia della natura, vietarono la cottura in piazza degli uccellini, si poté continuare perché l’attore principale della festa non era cosa veniva cotto ma il “sistema di cottura”. Lo SPIEDO appunto.
La data della prima Festa venne fissata al 14 Ottobre.Quindi la seconda domenica di ottobre.
Sappiamo però che subito dopo la prima Festa ci furono varie riunioni tra gli organizzatori che decisero che la data più propizia sarebbe stata d’ora in poi la terza domenica.
Fiorirono leggende in paese su consultazioni di almanacchi meteorognostici, oroscopi e fattucchiere per giustificare la scelta di questo giorno.
Fatto sta che in tanti anni solo per 2 volte la festa è stata funestata dal maltempo per tutta la giornata!
ORGANIZZAZIONE DELLA PRIMA FESTA
La complessità di mettere in piedi un avvenimento così importante per Isola fu subito chiara a tutti. Ma l’entusiasmo e la carica emotiva che Carlo Zanettin seppe trasmettere e la volontà di tutti furono tali che si riuscì a superare ogni difficoltà e ad organizzare l’evento (allora non si chiamavano ancora così…) con apparente facilità.
Si pensò giustamente di coinvolgere tutto il paese.
Il gruppo dirigente della Pro Isola fu suddiviso in “settori di competenza”.
LE STRUTTURE
Alcuni si occuparono dell’allestimento della Piazza principale del paese.
Si dovevano costruire i focolari su cui fare il fuoco e appoggiare macchinette, spiedi e leccarde per la cottura; si dovevano fare 2 “casette” (più tardi si sarebbero chiamati “stands”) dove sfilare gli spiedi; si doveva infine costruire una grande e lunga tavolata per poter distribuire le porzioni e dar la possibilità al pubblico di gustarsele.
Furono coinvolti alcuni fra i più begli ingegni dell’artigianato locale per progettare e realizzare l’opera.
Giovanni Fabbro (Nenin Favaro) mise a disposizione la sua officina e con l’aiuto di molti amici competenti in materia e molte sere, notti, sabati e domeniche realizzò tutte le solide opere in ferro che furono poi utilizzate per molti e molti anni.
Furono fatti 10 focolari piccoli lunghi un metro e mezzo,un focolare “gigante” da cinque metri. I 2 chioschi e la tavolata lunga 60 metri.
Si costruirono gli spiedi in acciaio e le leccarde. Tutto il materiale costò all’epoca la cifra di 30.000 lire. La manodopera fu naturalmente gratuita!
Si dovettero poi procurare i girarrosti per i 10 spiedi. La cosa fu facile perché molti paesani offrirono in prestito la machineta di casa.
Ma per lo spiedo”gigante” lungo 5 metri e che doveva cucinare 1500 uccelli era necessario qualcosa di veramente speciale.
Si incaricò Aldo De Franceschi di risolvere il delicato problema.
Con un motore di troncatrice regalato da una ditta locale e alcune pulegge di sua invenzione, il geniale meccanico costruì un girarrosto elettrico adatto alla bisogna.
Ad un altro gruppo di soci della Pro fu dato l’incarico di procurare la materia prima da cucinare: polenta, uccelli, maiale, lardo, salvia.
LA POLENTA
Per la fare polenta Erminio Fanin, mugnaio del paese, macinò circa 2 quintali di mais “maranello”, il più adatto per fare la polenta onta e lo confezionò in sacchetti da 1 kg. Giovanin Ceola con il suo motocarro, fece il giro del paese a consegnare la farina a tutte quelle famiglie che si erano rese disponibili a preparare chi una, chi due polente.
Il sabato precedente le centinaia di polente furono ritirate da Giovanin, con altri volontari, e portate al vecchio teatro dietro il Municipio dove era allestita la sala di preparazione.
Qui furono tagliate a fette e poste nelle bacinelle prestate dalla Latteria locale.
GLI UCCELLI E LA CARNE
Gli uccelli (circa 3000 fra finchi, montani, seleghe) provenivano, sembra, dalla Cina (…già allora!).
Il lavoro più complicato fu quello di spennarli. Ma l’ingegno della Pro Isola anche per questo trovò la soluzione.
Fu chiesto aiuto agli ospiti della Casa di Riposo “Gaspari Bressan” che con infinita pazienza e maestria spennarono i volatili e li prepararono a dovere.Le macellerie locali poi fornirono il mas-cio e il lardo per fare le lardiele.
SALVIA
Un elemento essenziale per la cottura dello spiedo è la salvia.
Ne serviva un’enorme quantità. I Nostri pensarono allora di coinvolgere anche i più piccoli cittadini del paese e si rivolsero alle Scuole Elementari.
Il Direttore inviò una circolare a tutte le classi avvisando gli alunni di portare un rametto di salvia ciascuno.
Nei giorni successivi i grandi cesti posti all’entrata della scuola si riempirono all’inverosimile di ramoscelli profumati. C’era salvia per 2 feste dello spiedo!
INFILAGGIO
L’operazione d’infilaggio sulle speete degli uccelli intervallati da lardiele con la salvia e maiale (lardiela, oseo, lardiela, mas-cio, lardiela, oseo….) è un’operazione delicatissima che, se fatta male, può anche compromettere il risultato finale della cottura.
A sovraintendere all’infilaggio quindi furono chiamati i più esperti fra i cuochi del paese.
La sera del venerdì antecedente la festa un numeroso gruppo di cuochi, aiuto-cuochi, lardiellisti e aiutanti vari si riunì nella sala del teatro dietro il municipio (ora sala polivalente) e si diede inizio all’operazione che si protrasse fino a notte fonda, naturalmente accompagnata da numerose ciacole e da qualche bel goto de vin bon.
Una volta ultimato il lavoro gli spiedi furono portati nei capienti frigoriferi della Casa di Riposo e della Latteria.
IL VINO
Per completare i preparativi mancava ancora una cosa essenziale: il vino.
L’incarico di approvvigionare il prezioso nettare fu affidato a Gino Vivian, oste e fine intenditore nel rintracciare la qualità più adatta per far fare bella figura a tutta l’organizzazione.
Merlot e Cabernet furono i vini scelti per l’occasione.
IL GIORNO DELLA FESTA
Era ancora buio quella domenica 14 Ottobre 1962, quando la piazza di Isola, appena rischiarata dalle fioche lampade della illuminazione pubblica, cominciò ad animarsi e popolarsi.
Al centro della piazza e per tutta la sua lunghezza era sistemata una tavolata.
Dietro c’erano i 10 spiedi piccoli e al centro, davanti al monumento, lo spiedo gigante.
Alle due estremità due chioschi delimitavano e chiudevano la scena. I primi personaggi ad arrivare furono i “fuochisti”.
Con l’aiuto di fascine e piccole stelete cominciarono ad accendere i fuochi.
Una volta che tutti i focolari furono accesi e ben fiammeggianti cominciarono a montare gli spiedi con gli uccellini e tutto il resto.
A sovraintendere a tutte queste operazioni c’erano i cuochi. Uno per ogni focolare e 5 per lo spiedo gigante.
Il capo cuoco era Mansueto Gasparella el tabachin che con la sua alta figura filiforme e quasi ieratica impartiva gli ordini secchi e precisi: meti su do stele, tira vanti el fogo, tiralo indrio, daghe sale, tento ch’el xe drio brusarse…
Tutti facevano con attenzione il loro lavoro. Chi metteva legna, chi caricava la molla della machineta, chi con un cucchiaio passava un po’ dell’olio caduto dalla leccarda allo spiedo.
Sidonia Smiderle, Luigi Collareda, Pietro Ceola, Antonio Sassaro, Augusto Zanella, Giovanni Bertoldo, Gino Bertoldo, Beni Sterchele, Vittorio Mantiero, la mamma di Ettorino Caldognetto, Ruggero Ceola, la moglie di Bortolo Casara con la sorella, Giovanni Bonamigo. Questi sono solo alcuni dei nomi di chi cominciò a cuocere lo spiedo in piazza ad Isola in quella mattina del lontano Ottobre del ’62.
Altri nomi si sono persi ma restano in qualche cassetto della memoria del paese.
E intanto il sole era spuntato da dietro la casa del casselaro e ora illuminava la piazza. Erano già passati i cacciatori prima dell’alba, erano passate le donnette che andavano a messa prima, i bambini per quella del fanciulo.
Tutti avevano trattenuto il fiato ammirando il grandioso spettacolo che offriva la piazza. Pareva quasi de essare in television. Arrivarono i siori per la messa ultima.
I complimenti agli organizzatori si sprecavano. Una sola nota stonata fece tremare i polsi a Carlo Zanettin.
Lo spiedo gigante era proprio davanti al monumento. Guardando dalla tavolata il colpo d’occhio era sensazionale.
Cinque metri di uccelli, maiale, lardo che giravano lentamente davanti alle fiamme allegre.
Ma proprio dietro, sul Monumento, una scritta sibillina:
“ISOLA VICENTINA AI SUOI CADUTI”.
Un fotografo di passaggio immortalò la scena e inviò la foto alla Domenica del Corriere. Vinse 5.000 lire.
Nonostante questa piccola pecca tutto procedeva con ordine e allegria.
Gli spiedi giravano, i cuochi si affannavano, la polenta sfritegava nell’olio, i portatori di vino continuavano i loro giro di servizio, la gente si accalcava sempre di più sulla lunga tavolata e aspettando la perfetta cottura delle porzioni si gustava un goto de vin.
Gli uomini e le donne della Pro Isola erano raggianti per i tanti compimenti che ricevevano e che li ripagavano delle fatiche che avevano e stavano ancora sopportando.
Fatiche impagabili e non pagate. Roba che se qualcuno glielo avesse comandato di fare dietro compenso gli avrebbero risposto: te si mato!
EVOLUZIONE
Dopo la prima edizione la festa proseguì la sua storia con sempre maggior successo. Alla fine degli anni 60 si arrivò a cuocere i 10 spiedi per 3 volte nella giornata e lo spiedo “gigante” per 2 volte.
Le porzioni servite furono quasi 10000! Gli anni 70 portarono un primo cambiamento.
Le Leggi in materia venatoria si fecero più restrittive e proibirono la caccia alla maggior parte degli “uccellini dal becco gentile” che costituivano la maggior parte di quelli usati per lo spiedo.
Si riuscì ad ovviare mettendo allo spiedo le passere (“seleghe”). Ma il risultato non era lo stesso a detta degli estimatori.
Le porzioni cotte e vendute diminuirono sensibilmente.
Poi nell’edizione del 1976 la Festa rischiò di chiudere i battenti.
La Legge Regionale sulla caccia, da pochi giorni approvata, prevedeva la proibizione di usare “selvaggina non proveniente da allevamenti” per feste gastronomiche di piazza.
Gli organizzatori, ignari della nuova norma, si ritrovarono con 3 camionette della Forestale in piazza alla mattina della festa.
L’ordine degli agenti era di sequestrare tutta la “merce proibita”.
Ma i fuochi erano già accesi da tempo e gli spiedi già in cottura.
Solo l’intervento del Sindaco Munari riuscì, dopo un paio di ore di trattativa con le autorità superiori, a far desistere gli agenti dal sequestro.
La festa era salva. Ma a patto che quello sarebbe stato l’ultimo anno di “seleghe” che notoriamente sono riottose a farsi allevare in gabbia.
Dopo varie discussioni e esperimenti di cottura si decise di provare a cuocere i colombini, uccelli di allevamento ma di difficile gusto. Infatti l’edizione successiva non fu fa le migliori. Si diminuirono di molto le porzioni, vista l’incertezza della riuscita, e il verdetto popolare non fu dei migliori.
Il Consiglio della Pro Isola allora pensò che si dovesse cambiare totalmente e affidarsi al nome della festa: Festa delle Spiedo vuol dire che sullo spiedo può essere messo qualsiasi tipo di carne.
Ma per restare abbastanza vicini alla tradizione che prevede l’uso di uccelli, si pensò di provare con il fagiano che è pur sempre un uccello anche se di media taglia.
Le prove fatte ebbero il consenso dei buongustai del paese e la festa in piazza risultò un nuovo successo.
Si doveva però cercare di ampliare l’offerta gastronomica della Festa per ovviare alla mancanza del “piatto forte” costituito dagli uccellini.
Fu così che nacque lo stand delle caldarroste organizzato dal Gruppo Alpini. Fu inventato la stand enologico con i vini tipici del Veneto e del Friuli. Si ampliò la presenza delle realtà di produttori alimentari della zona.
Fu inserito anche qualche artigiano che presentò i suoi lavori. E si avviò anche l’organizzazione di mostre di pittori locali.
La Festa aveva assunto un’altra fisionomia. Non più e non solo “Festa dello Spiedo” ma anche festa della enogastronomia del territorio.
Nel 1994 la piazza fu ripavimentata e al centro fu ricostruita l’antica fontana.
Si arrivò così alla necessità di ripensare la logistica della festa. Li spiedi furono portati sul lato della statale, gli stand dei “prodotti vari” furono modificati e addossati al municipio.
Furono previsti numerosi tavoli per far si che il pubblico potesse accomodarsi e restare in piazza più a lungo.
Si creò così una specie di “arena” all’interno della quale la gente poteva passeggiare, ballare o stare comodamente seduta a gustare le porzioni di spiedo, le caldarroste, i formaggi, i salumi, i vini, le torte, le patatine fritte o semplicemente chiacchierare.
E siamo arrivati ai giorni nostri con una Festa dalla vitalità sempre alle stelle e sempre nuova.
E’ di pochi anni fa l’introduzione dello Spiedo di Verdure.
Visto che è la Festa dello Spiedo, i cuochi della Pro Isola hanno pensato che nulla vieta che allo spiedo sia cotta anche la verdura che sta prendendo sempre più piede nella società attuale. Il successo di questa proposta sta crescendo di anno in anno.
Nel 2005 si è voluto anche cambiare il principale ingrediente dello spiedo.
Dal fagiano si è passati alla faraona, un animale dalla carne più morbida e meno asciutta che incontra meglio i favori dei degustatori.
Nel 2015 si è organizzata la prima edizione dell’ Estemporanea “Toni Vedù”, una giornata in cui i pittori ritraggono la Festa durante il suo svolgimento.
È dedicata a Toni Vedù, pittore, cabarettista, insegnante, amico della Pro Isola e autore dell’attuale manifesto.
E la Festa continua…
Molte donne e molti uomini sono passati in piazza la terza domenica di Ottobre da quel lontano 1962.
Molti presidenti, molti Consiglieri, tanti cuochi, tantissimi aiutanti.
Tanti di loro non possono più venire alla terza di ottobre in piazza a vedere cosa fanno i loro figli e nipoti.
Altre donne, altri uomini dopo più di 50 anni stanno ancora oggi facendo le stesse cose. Stanno compiendo gli stessi gesti antichi imparati dai loro padri, dai nonni e via, via fino ai bis-biscuchi.
Gesti che tramandano una tradizione, magari modificata dalle esigenze dei tempi cambiati, ma sempre scolpita nella mente e nel cuore degli Isolani. La FESTA DELLO SPIEDO. La festa di Isola.
SPIEDO DI FARAONA DI ISOLA VICENTINA DE.CO.
DESCRIZIONE DEL PRODOTTO
Lo SPIEDO di FARAONA di ISOLA VICENTINA DE.CO. è costituito da pezzi di carne di faraona e carne di maiale intervallati da fette di lardo di maiale accompagnate da foglie di salvia dette “lardiele” e infilzati su spiedi in acciaio o “spééte”. La cottura lenta viene fatta a fuoco vivo di legna. La carne non sarà mai a contatto diretto con il fuoco. Va servito con polenta di mais fritta in olio extravergine di oliva e nel grasso che cola dalla carne altrimenti detta “polenta onta” che fa parte integrante del piatto.
RICETTA
Ingredienti per lo spiedo:
coscia posteriore e sovra coscia di faraona
coppa di maiale in pezzi da 90/100 g
lardo di maiale in fette di spessore 4/5 mm
foglie di salvia fresca
sale fino
Tutta la carne dovrà essere stata sottoposta a una adeguata fase di frollatura.
Per la cottura si userà legna di corbezzolo in pezzi di lunghezza di 1 mt circa e grossezza mai superiore a 8/9 cm.
Attrezzi necessari:
spiedi i acciaio con relativi supporti (“spééte”)
apparecchio girarrosto (“machineta”)
leccarda in acciaio per raccogliere la colatura della carne e friggere la polenta (“lecarda”)
forchettoni, palette, attrezzi per raccogliere e spargere le braci
MODALITA’ DI ESECUZIONE
INFILAGGIO
Il giorno precedente alla cottura si esegue l’infilaggio degli spiedi nel modo di seguito descritto.
Si prendono le fette di lardo di spessore 4/5 mm e si tagliano in pezzi lunghi circa 7/8 cm. Sui due lati di ogni fetta andrà posta una foglia di salvia.
Si ottiene così la “lardiela”. Si procede quindi all’infilaggio.
La successione dei vari componenti è la seguente: si inizia con una lardiela poi un pezzo di maiale, un’altra lardiela, un pezzo di faraona, una lardiela, un pezzo di maiale, una lardiela ecc.ecc. pressandoli fra loro con forza moderata fino ad aver riempito tutta la lunghezza dello spiedo.
Completati tutti gli spiedi a disposizione si ripongono gli stessi in luogo fresco e si lascia riposare fino al giorno successivo.
COTTURA
La regola fondamentale della cottura allo spiedo è quella di non esagerare mai col calore del fuoco o con il sale e non avere fretta. Meglio prendersi per tempo che dover affrettare la cottura rischiando di seccare e rovinare la carne.
Il tempo medio previsto per la cottura è di circa 4/5 ore se il camino è in luogo chiuso mentre sale a 5/6 ore se la cottura avviene all’aperto.
Da queste considerazioni dipende il momento in cui si inizierà a cuocere lo spiedo.
Si procede accendendo il fuoco cominciando con piccole fascine di legna fina e, una volta che il fuoco è vivace, si mettono i pezzi di legna più grossa.
Ci dovrà essere fuoco su tutta la lunghezza degli spiedi privilegiando un po’ le parti laterali.
Prima di iniziare la cottura si deve controllare che tutti i pezzi infilati sugli spiedi siano ancora ben serrati fra loro altrimenti si procede ad un ulteriore serraggio ma senza esagerare. Si installano gli spiedi sui supporti in acciaio che fungono da distanziatori.
Il tutto viene infilato sulla barra in acciaio centrale che andrà inserita nell’apposita cavità della “machineta” girarrosto.
Si posiziona il girarrosto con gli spiedi sul camino ad una distanza di 40/50 cm dal fuoco.
Si lascia quindi asciugare dolcemente la carne con fuoco moderato per la prima ora poi si può aumentare il fuoco ma sempre senza esagerare.
A circa metà cottura si procede ad una prima leggera salatura spargendo il sale fino sulla carne. Successivamente verranno effettuate almeno altre 2 salature prima della fine della cottura cercando sempre di non esagerare.
Inoltre sarà utile muovere e rigirare i pezzi di carne per dar modo al calore di raggiungere tutte le parti dello spiedo.
Questo anche se si dispone di spiedi a movimento planetario.
E’ consentito, se strettamente necessario, irrorare lo spiedo con l’olio per evitare che si secchi troppo, ma l’olio dovrà essere quello caldo preso dalla leccarda.
Tenendo però il calore moderato questa operazione si può tranquillamente evitare.
Lo spiedo sarà cotto quando la carne avrà assunto un bel colore dorato-ramato e si presenterà ben asciutta alla vista e al tatto.
Buona regola sarà quella di assaggiare, verso la fine, qualche pezzettino di carne “a campione” per verificarne il giusto grado di cottura e salatura.
Finita la cottura si ritirano gli spiedi dal fuoco e si sfilano i pezzi di carne ponendoli nei piatti di portata: un pezzo di faraona e un pezzo di maiale con le relative “lardiele” per ogni porzione.
LA POLENTA “ONTA”
La polenta dovrà essere preparata almeno un paio di giorni prima seguendo la ricetta tradizionale ma usando la FARINA DI MAIS PER POLENTA DI ISOLA VICENTINA DE.CO. ed avendo l’accortezza farla un po’ asciutta e salata del normale.
La polenta dovrà essere tagliata a fette di circa 2 cm di lato. Questa operazione va eseguita il giorno prima e la polenta andrà coperta con canovacci e lasciata asciugare bene.
Questo permetterà di evitare che si attacchi al fondo della leccarda. Si tenga conto che per friggere la polenta si impiegano circa 20/25 minuti.
Questo sarà il metro di paragone per poterne iniziare la cottura. Sotto lo spiedo, una volta passata la prima ora di asciugatura, durante la quale la carne avrà rilasciato eventuali residui di sangue, verrà posto uno strato di braci prese dal fuoco retrostante. Sulle braci si pone la leccarda che comincerà a ricevere la colatura del grasso della carne.
Nulla leccarda va versato l’olio extravergine di oliva per l’altezza di 1 cm circa.
Quando l’olio avrà raggiunto la temperatura ottimale si inizierà a inserire le fette di polenta avendo cura di tenerle un po’ distanziate fra loro.
Questo permetterà all’olio di friggerle sui lati. Le fette andranno mosse e rigirate e quando si sarà formata una crosticina su tutti i lati, la cottura si può considerare ultimata.
C’ERA UNA VOLTA….
In origine lo spiedo normalmente cotto a Isola Vicentina era composto da uccellini di piccola taglia frutto di cacciagione. Il gusto era totalmente diverso, più amarognolo. E anche la polenta “onta” assumeva il gusto degli uccellini attraverso gli umori che colavano sulla leccarda. La cottura poteva essere un po’ più veloce (3/4 ore al chiuso o 4/5 all’aperto) ma più “delicata” in quanto la piccola taglia degli uccelli rendeva necessaria una particolare attenzione per evitare di seccare le carni.
Ancora oggi alla Festa dello Spiedo c’è qualcuno che chiede: “ma no ghe xe mia i osei?”
LOGO DELLA FESTA DELLO SPIEDO
Il primo volantino risale al 1962, quasi contemporaneo è il logo con il ”Moschettiere”
Nel 1985 l’artista Paolo Lovato ha realizzato per la Pro Isola un apposito manifesto della Festa dello Spiedo
Nel 1995 il grafico, pittore, comico, Tony Vedù realizza l’attuale logo con il “Fagiano”
Associazione Pro Isola Ottobre 2016