Per chi non è mai stato all’interno della “Festa dell Spiedo”, può sembrare una cosa strana e quasi pomposa, ma il cuoco che prepara lo spiedo in piazza è una persona piuttosto particolare ed unica.
Il giorno della festa si alza prima dell’alba 4.30 5.00 e con gli occhi ancora “intrapolà” dal sonno arriva in piazza e qui ,subito, gli occhi cominciano a riempirsi del fumo che si alza pigro dai focolari appena accesi. E’ solo l’inizio di una lunga ed intensa giornata!
Va precisato che il lavoro è iniziato il Giovedì sera precedente alla Festa, con la preparazione degli spiedi : l’infilaggio, che consiste nell’infilare, appunto, la carne di maiale alternata al fagiano sulle lancie dello spiedo “speete” inframezzate dalle “lardiele”. La pazianza e la bravura stà nel selezionare i vari pezzi di fagiano, di comprimere il tutto con la forza giusta affinchè la carne non ruoti, ma non troppo perchè altrimenti non si cuoce. Infilare uno spiedo è un’arte, infilarne 23 dalle notevoli dimensioni ….
Ritorniamo in piazza, il nostro cuoco ha acceso il fuoco, attende per far riscaldare il focolare e quindi (dopo le varie verifiche finali ) pone lo spiedo di fronte al fuoco, sistema l’alare e comincia a farlo girare.
Qui inizia un’avventura fatta di fuoco, di fumo, di legna, che un colpo brucia bene, un colpo male, del “sidio” del vento che “tira sempre dala parte sabalià” portando il fumo agl’occhi ed allontanado il calore dall’arrosto.
Fino a qualche anno addietro il nostro doveva anche litigare con il girrarrosto a molla, e con il suo caratteristo “din din din” che segnalava l’urgenza di una carica, puntualmente questo segnale avveniva mentre si stava girando la polenta o predisponendo le braci sotto la leccarda, oggi i girrarosti elettrici hanno evitato questo … fin quando non si fermano e costringono il cuoco ad intervenire trasformandosi in girrarosto manuale!!
Dopo un po’ nella lecarda comincia a raccogliersi l’olio e gli aromi che colano dalla carne, si inizia quindi a cuocere la polenta trasformandola nella mitica “polenta onta”, e qui il cuoco si esprime al massimo: “ocio ala prima che l’a se taca”, “tento l’oio che non el se brusa”, “masa bronse!”, “masa poche!”, “orco boia me son scotà un deo!”. Si consumano più di 500 kg di polenta onta!.
Dopo diverse ore dall’inizio (6-7), e dopo numerosi “gheto meso el sale?”, “de qua l’è un poco indrio”, “xe mejo che te giri la carne”, “ghe deto un ocio al me rosto n’atimo?”, ocio ala polenta che non la se brusa!”, “metighine polenta sua lecarda!” e via così si arriva al fatidico momento in cui lo spiedo viene tolto dal fuoco ed in men che non si dica viene distribuito all’impazente ressa dei commensali. E siamo solo a metà dell’opera.
Il cuoco si concede una breve pausa per mangiare qualcosa durante la quale dei malefici personaggi gli preparano un secondo spiedo crudo, così quando lui ritorna è tutto pronto per ricominciare ed assicurare le porzioni per il pomeriggio.
Il tutto si ripete, la stanchezza si fa sentire, mitigata da qualche bicchiere di vino, da una fetta di torta, da un pezzo di formaggio che qualche anima pia porta al nostro amico.
Finalmete arriva la fine anche del “secondo giro” e, dopo aver sfornato le ultime leccarde di polenta onta per mitigare la delusione delle persone che “xe restà con la boca suta”, il cuoco può concedersi un po’ di riposo, gustarsi “quatro maroni spaelà” con un “goto de vin bon” seduto in compagnia a parlere e a discutere, immaginite di cosa?: di spiedo, polenta, fuoco ed olio!
Si è fatta sera si ritorna a casa , pronti per affrontare un difficile Lunedì e fra un anno un’altra Festa dello Spiedo.
E’ un personaggio strano! ma unico e la sua bravura e tenacia assicura la continuazione e la buona riuscita di quasta nostra festa tradizionale!
Un ringraziamento a tutti i cuochi attuali e a tutti coloro che negli anni si sono succeduti in questo delicato e difficile ruolo.
La memoria non può non ritornare a Santo, caro e burbero amico, forse non a tutti simpatico, ma fondamentalmete IL CUOCO DELLA FESTA DELLO SPIEDO!
Ciao e Grazie.
Roberto Gennaro